Non rubatemi i ricordi ...

Quando non rimane null’altro da tessere , è nella tela dei ricordi che ordisco un passato senza voce.
Trame lise di tempo orpello sull’Aida dei miei pensieri, rincorrendo frementi brividi che hanno segnato la pelle e l’anima, nel girotondo impetuoso dei miei giorni.
Coste frastagliate, mari in burrasca col declivio di colline gialloverde vestite, nell’ambrosia di agrumati odori a deliziare le nostre insane concupiscenze, in un’intemperanza senza limiti.
Le mani, a cercarsi incessantemente, in un gioco di dita fra le dita, a procedere sul lungomare spoglio di visi noti, e ad incantare sconosciute disponibilità, per poi desiderarsi, attimo per attimo nel primo hotel che capitava a tiro.
Non è solamente bisogno di sesso frettoloso il nostro, quello d’appagare in poche ore, ma il viversi incessantemente, fra sussulti di piacere e grida soffocate, in un’ ancestrale necessità d’appartenersi.
Non rubatemi i ricordi, quando quello ch’era rimasto da sognare è svanito nei meandri di una quotidianità di circostanza, insudiciando, con la peggiore scelleratezza, quello ch’era lindo e mondato nel candido delle mie reminiscenze.
Non rubatemi la Costiera, i suoi profumi, le sue barche ancorate ai moli di legno marcito, le rugose mani dei marinai che salutano chiunque; non rubatemi le risate argentine, le canzoni a perdifiato, i gelati consumati in fretta e furia, i clandestini rifugi di anime in pena.
Non rubatemi attimi solo miei, fantastici ricami di un tempo andato: a nessuno ho consentito di oltrepassare la frontiera di quei momenti, ritenendoli unici ed irripetibili, nella magia del sentire che faticosamente ho realizzato.
Eppure tu, proprio tu, sei riuscito a sottrarmi l’unica sindone macchiata sulla mia tela, oltraggiando l’anima e il cuore di un’onta che neppure il sangue potrà mai lavare.
Altri posti, altre regioni, altri paesaggi avresti potuto regalare, per compiacere ai capricci d’infida gente, di cui ami circondarti, in una parvenza di prassi sin troppo consolidate.
Mai avvezza a vituperare contro chicchessia, oggi, avvilita ed umiliata, sputo in faccia al retaggio morale della mia dignità, mi strappo il cuore, rimestando nelle acque torbide del mio dolore, squartandomi il petto in uno strazio che non conosce limiti.
Chiudo le porte a questo parapiglia di sentimenti scomposti, che vorrebbero vederti camminare insieme a me, verso identici orizzonti, magari con destinazioni diverse, ma pur sempre accomunate da un medesimo sentire.
Ora no!
Hai dilaniato la luce delle mie avide illusioni, hai distolto lo sguardo alla mitezza dei miei intenti, lasciandomi nel mio spigolo di tempo a farmi scivolare addosso quest’esistenza, confidando in una pace che dia tregua a questo dolore che non sopporto.