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| donne ed uomini indimenticabili | |
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Autore | Messaggio |
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armonia_completa Oltre l'apparenza....
| Titolo: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 1:28 pm | |
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| Titolo: RITA HAYWORTH, biografia Ven Apr 17, 2009 1:35 pm | |
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Nata a Brooklyn (New York) il 17 ottobre del 1918, morta il 14 maggio del 1987 capoletteraellissima e fatale, nei suoi film come nella vita. Margarita Carmen Cansino, questo il suo vero nome, è una leggenda nata a metà degli Anni Quaranta. I suoi capelli rosso fuoco, dalle morbide onde a toccare le spalle, superano i tempi e le mode. Come il suo fascino immortale e il suo sorriso perfetto. Figlia del ballerino spagnolo Eduardo Cansino e della showgirl Volga Hayworth, comicia anche lei a fare la danzatrice, quando ha solo dodici anni. Ma dal suo viso di bambina, traspare fin da subito il conturbante sex appeal di una pin-up. Infatti, tre anni dopo, un agente della Fox la nota. E le affida una parte in La nave di Satana, tratto dall'inferno dantesco. E' il 1935 sta nascendo una stella. Anche se, la prima non ufficiale apparizione davanti alle telecamere risale, per l'esattezza, ad un filmino amatoriale girato in famiglia nel 1926. La sua bellezza la fa avvicinare da corteggiatori di tutti i ceti e nazionalitaà. Non per nulla si sposa sei volte, di cui due con Orson Welles. Proprio grazie al primo marito, il miliardario Edward Judson, ottiene il primo contratto con la Columbia. Da questo momento in poi, la bella fanciulla d'origine ispanica, si americanizza. Ecco il nuovo look da femme fatal che la consacra all'Olimpo delle più grandi. Più sofisticata anche nei ruoli da interpretare, abbandona quelli da showgirl per darsi ai polizieschi e alle pellicole d'avventura. Dopo Avventurieri dell'aria, 1939, tornà però alle scarpette da ballo ed è un trionfo: Non sei mai stata così bella, 1941 a fianco del mitico Fred Astaire e, tre anni dopo, Fascino, con Gene Kelly. La sua leggendaria interpretazione risale, però, al 1946: Gilda. La tentatrice sensuale è diventata una donna misteriosa e irraggiungibile, protagonista di uno dei noir più celebri del secolo. In molti hanno provato ad imitarne il modo di sfilarsi i lunghi, sensuali, guanti di satin nero... Fotogramma unico. La protagonista è accanto a Glenn Ford, con il quale recita in altre pellicole celebri. Orson Welles, sposato nel 1943, dirige la diva in La Signora di Shanghai. Ma prima della fine delle riprese chiederanno il divorzio. Le prossime nozze sono reali quanto penose: due anni di matrimonio con Aly Khan, finito nel 1951. Rottura che coincide anche con quella della Columbia. A partire dagli Anni Cinquanta riprende ad interpretare ruoli non troppo esaltanti. L'unico riconoscimento artistico se lo aggiudica nel 1965, in Il circo e la sua grande avventura, con una nomination ai Golden Globe. Lo stesso anno il suo volto viene dipinto, tragicamente, su una delle bombe sganciate su Hiroshima. La sua salute comincia a peggiorare già negli Anni Sessanta. Alle crisi depressive, acuite dall'abuso di farmaci e di alcol, si aggiungerà il terribile morbo di Alzheimer: la colpisce nel 1960 ma le viene diagnosticato solamente venti anni dopo. Sua figlia Yasmin, le resterà accanto fino all'ultimo. Sepolta nell'Holy Cross cemetery di Culver City, California, la sua tomba è tuttora meta di pellegrinaggio di ammiratori. Non per nulla la bellissima attrice era soprannominata The Love Goddess, la dea dell'amore... [/b]
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| Titolo: AUDREY HEPBURN Ven Apr 17, 2009 1:40 pm | |
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| Titolo: AUDREY HEPBURN, biografia Ven Apr 17, 2009 1:45 pm | |
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Edda Van Heemstra Hepburn-Ruston nacque il 4 maggio 1929 a Bruxelles da padre banchiere inglese e da madre baronessa olandese; di famiglia agiata, frequentò la scuola di ballo, sognando di diventare come quella grande danzatrice che risponde al nome di Margot Fonteyn. Negli anni della guerra dovette a lungo soffrire la fame, e si dice che la sua struttura fisica, così snella e flessuosa, si sia in fondo determinata quando la ragazza dovette cibarsi solo di povere cose (narra la leggenda che per un periodo lei e la sua famiglia non trovarono di meglio per cibarsi che bulbi di tulipano).
La prima persona che la notò fu la scrittrice allora ottantenne Colette (un mostro sacro della cultura del Novecento), in vacanza a Montecarlo, che la volle protagonista della sua commedia teatrale "Gigi", tratta da un suo romanzo. In seguito, a ventidue anni, agli albori della carriera, ottenne un ruolo di principessa birichina nel film "Vacanze Romane" di William Wyler, che le portò anche un Oscar come miglior attrice protagonista.
Poi nel 1954 arriva "Sabrina" (di Billy Wilder, con Humphrey Bogart), uno dei film più belli che oggi la storia del cinema ricordi, che la lancia nell'Olimpo delle star. Nel ruolo dell'omonima protagonista Audrey Hepburn risulta più bella ed elegante che mai, ma soprattutto dotata di una vena di ingenuità e di freschezza che la rendono unica.
La bellezza eterea della Hepburn non è l'unico elemento che la consacra regina di Hollywood. Alle spalle vi è anche un'indiscutibile bravura, tale da venir richiesta da tutti i maggiori registi del tempo. Gira così "Arianna", "Colazione da Tiffany", "My fair lady", "Verdi dimore", "Guerra e pace", "Come rubare un milione di dollari e vivere felici", "Storia di una monaca", "Robin e Marian"; e, ancora, "Due per la strada", "Cenerentola a Parigi" (con Fred Astaire) e tanti altri.
Nel 1954 sposa Mel Ferrer che gli darà il suo primo figlio, Sean, mentre nel 1969, a causa della relazione clandestina con il medico italiano Andrea Dotti nascerà Luca, il secondo figlio. Divorziata da Ferrer, troverà nel 1981, finalmente, il compagno della sua vita, Robert Wolders, ex-marito di Merle Oberon.
Ritiratasi dalle scene, si è dedicata attivamente negli ultimi anni di vita al volontariato, tanto da divenire ambasciatrice UNICEF. Morirà di cancro al colon a 64 anni il 20 gennaio 1993, presso Tolochenaz, paesino svizzero vicino Losanna.
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| Titolo: GRACE KELLY Ven Apr 17, 2009 2:30 pm | |
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| Titolo: GRACE KELLY, biografia Ven Apr 17, 2009 2:34 pm | |
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Grace Patricia Kelly, più conosciuta come Grace Kelly, simbolo di eleganza per un'intera generazione, nacque il 12 Novembre 1929 a Filadelfia, terza di quattro figli. Dopo essersi diplomata alla scuola superiore, si recò a New York per frequentare l'American Academy of Dramatic Arts. Qui, dopo aver ottenuto il diploma, apparve in varie produzioni televisive e teatrali.
Il suo primo film fu ''14esima Ora'' (1951), del regista Henry Hataway, che gli confezionò solo una piccolissima parte. Ma la sua prima grande prova d'artista arriva l'anno successivo nel leggendario ''Mezzogiorno di Fuoco'', dove la giovane attrice interpretava l'altrettanto giovane moglie di uno sceriffo (impersonato da Gary Cooper). Il suo film successivo le procurò un contratto con l'importante casa di produzione MGM: il film in questione era "Mogambo" (1953), e il coprotagonista era il mitico Clark Gable.
Diventata star internazionale a tutti gli effetti, Grace cattura l'attenzione del maestro della suspense, Alfred Hitchcock. E fu proprio il grande regista a scoprire e valorizzare in pieno il suo talento quando, un anno dopo, le affidò il ruolo di protagonista in ''Delitto Perfetto''. In seguito, girano insieme anche ''La finestra sul Cortile'' e ''Caccia al Ladro''. Il successo dei film del Maestro del brivido, la sua presenza scenica e la sua algida bellezza le fruttarono il soprannome di "Ghiaccio bollente". Nel 1954 vinse anche l'Oscar come migliore attrice per la propria interpretazione nel film nella ''Ragazza di Campagna'' di George Seaton. E che vedeva la partecipazione anche del divo Bing Crosby.
Ad ogni modo, "Caccia al ladro" venne interamente ambientato sulla Costa Azzurra, un luogo che avrebbe cambiato il suo destino. Durante la sua successiva partecipazione al film festival di Cannes, infatti, Grace venne invitata a un incontro con il Principe Ranieri di Monaco. Ranieri, invaghitosi pazzamente di lei al primo incontro, fece di tutto per conquistarla, coprendola di attenzioni e di lettere d'amore. Entro la fine di quello stesso anno venne ufficialmente annunciato il loro fidanzamento. Era, per la precisione, il 5 gennaio del 1956.
Sono per l'attrice momenti di grande felicità. Tuttavia, dietro le quinte, sul piano professionale si stava consumando la rottura con la Mgm, la major di produzione cinematografica americana di maggior successo. La casa di produzione le chiese però di girare almeno un altro film, ''High Society'', e l'esclusiva sulle riprese del suo matrimonio. All'inizio del 1956 Grace girò quindi il suo ultimo film non solo con la Mgm ma in assoluto, appunto la commedia musicale "High Society", che vedeva come protagonisti anche Bing Crosby e Frank Sinatra. Il matrimonio era fissato per il mese di aprile, cosicchè la Kelly diede per sempre addio al set cinematografico per salpare per la Francia dove la stava aspettando l'amato Ranieri.
Già i tabloid però la tallonavano, non perdendosi mai una sua mossa. Dai tratti aristocratici, il portamento regale e il glamour straordinario, Grace divenne presto un modello da imitare per le ragazze dell'America degli anni cinquanta. E lo diventò ancor più quando sposò appunto Ranieri. Le suo nozze fecero epoca e la sua vita divenne per i rotocalchi storia da raccontare giorno per giorno.
Il fastoso matrimonio venne fissato per la primavera e segnarono l'addio di Grace non solo al set ma anche all'America. Le loro furono definite dalla stampa di tutto il mondo "le nozze del secolo". La cerimonia civile venne celebrata il 18 aprile, mentre quella religiosa il giorno successivo in St. Nicholas Church. Non occorre dire che quel giorno la chiesa e i suoi dintorni venne letteralmente presa d'assalto da giornalisti (i già famosi "paparazzi") e telecamere da tutto il mondo. Grace nascose al meglio il suo nervosismo, cercando di essere sempre affabile e naturale, malgrado in seguito avesse confessato di aver profondamente detestato quella cerimonia, a causa naturalmente dell'eccessivo clamore che suscitò e dalla poca discrezione dei mezzi d'informazione. Ad ogni buon conto, da quel giorno Grace divenne per tutto il mondo la Principessa Grace di Monaco.
Il 23 Gennaio 1957 diede alla luce Caroline mentre l'anno successivo, il 14 marzo, nacque il suo secondogenito, il Principe Alberto. Sette anni dopo, il primo di Febbraio, fu la volta della Principessa Stephanie. Sono i nomi della genìa di Montecarlo, quella che tutt'oggi è costantemente presenti sui maggiori tabloid internazionali.
Ma fino a quando fu in vita, Grace cercò sempre di far crescere i propri figli come ragazzi normali anche se dovette combattere, oltre che con i giornalisti, anche contro il temperamento ribelle di alcuni di essi. Nel 1978, ad esempio, Caroline (a cui piaceva condurre intensa vita mondana, contrariamente alla madre), si sposò, ma il suo matrimonio non durò a lungo, cosa che non stupì affatto i genitori, che si erano dimostrati contrari fin dall'inizio. Stephanie, da parte sua, cercò sempre di trovare la propria strada, ma le fu sempre difficile mantenerla.
Il 13 settembre 1982, Grace e la figlia Stephanie furono coinvolte in un terribile incidente stradale mentre con la propria macchina si dirigevano dalla Francia a Monaco. Stephanie riuscì a uscire in tempo dalla vettura precipitata in un pendio, a differenza della madre che venne ritrovata priva di sensi. Era già in coma quando fu trasportata in ospedale, dove morì 36 ore dopo a soli 52 anni.
Erano le 23,45 del 14 settembre 1982 quando Telemontecarlo diffuse il flash della notizia della morte di Grace Kelly. Calava così il sipario sulla favola del ''Cigno'', su quell'icona intramontabile di bellezza, classe e fascino che la principessa di Monaco incarnava.
Grace infatti non fu mai dimenticata, sia per il suo luminosissimo passato d'attrice, sia per la sua storia personale molto simile a quella rappresentata nelle fiabe, sia per il suo stile inconfondibile fatto di grazia, charme e discrezione.
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| Titolo: VIVIEN LEIGH (la mitica rossella di via col vento) Ven Apr 17, 2009 2:40 pm | |
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| Titolo: VIVIEN LEIGH, biografia Ven Apr 17, 2009 2:48 pm | |
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Vero Nome: Vivian Mary Hartley Data di nascita: 05/11/1913 Luogo di nascita: Darjeeling - India Data di morte: 07/07/1967 Luogo di morte: Londra - Inghilterra Altezza m 1,61
Incredibilmente fascinosa e superbamente seducente, dotata di grande charme e di straordinaria femminilità, Vivien Leigh aveva un carattere debole e soffriva di ansia e di depressione, fu Rossella O'Hara sullo schermo e moglie di Lawrence Olivier nella vita. Amata dagli uomini per l'eccezionale bellezza, piaceva alle donne perchè vittima predestinata del potere maschile: si chiami CLARK GABLE, avventuriero strafottente; o Robert Taylor, in divisa da ufficiale; MARLON BRANDO, macho in canottiera o WARREN BEATTY, gigolò e mascalzone, poco importa, Vivien era questa, fragile lady inglese nel mare tempestoso della vita. Nonostante il successo che riscuoteva al cinema, e la vincita di due premi Oscar, nella sua carriera interpretò soltanto una ventina di film, preferendo, di gran lunga, recitare in teatro, piuttosto che davanti alla macchina da presa.
Nata il 5 novembre 1913, a Darjeeling, in India, da padre di origini francesi, alto funzionario delle colonie inglesi e da madre di origine irlandese, Vivian Mary Hartley visse in quel lontano paese fino all'età di sei anni, poi tornò in Inghilterra, insieme con la famiglia, per frequentare gli studi presso una rigida scuola gestita da suore, dove, i caratteri ribelli e capricciosi come il suo, venivano soffocati dai metodi educativi e dalla severa disciplina. Alterna lo studio in patria con lunghi soggiorni, sempre per motivi di studio, nei vari paesi europei, segnatamente Francia e Italia, le cui lingue, Vivien, parlava correttamente, per concludere, poi, le scuole in Baviera.
Consapevole della sua bellezza e convinta che doveva donare all'arte la sua vita, a diciotto anni decide di frequentare l'Accademia Artistica di Londra, la Royal Academyof Dramatic Arts.
Nel 1932, non ancora ventenne, si sposa con Hubert Leigh Holman, un importante avvocato, patrocinante alla Corte Suprema e l'anno successivo dà alla luce la figlia Suzanne.
Il debutto sul palcoscenico avviene con "The Green Sash"; mentre nel 1935, ottiene un grosso successo con "The Mask of Virtue", a cui seguono "The Happy Hypocrite" e "Enrico VIII", ed esordisce sul grande schermo con una parte in "THINGS ARE LOOKING UP", a cui fanno seguito altre tre pellicole, "THE VILLAGE SQUIRE", "GENTLEMEN'S AGREEMENT" e "LOOK UP AND LAUGH" che, però, la fanno passare quasi inosservata, nonostante la puntuale e sensibile precisione della sua recitazione.
Nel 1937, sul set del dramma storico "FIAMME SULL'INGHILTERRA", conosciuto anche con il titolo "ELISABETTA D'INGHILTERRA", avviene l'incontro con Lawrence Olivier, l'uomo del suo destino; incontro che segnerà una svolta sia nella sua vita privata che in quella artistica. Nonostante sia ancora la moglie di Holman, Vivien instaura con il grande attore una intensa relazione amorosa, che bruciò per circa vent'anni, quando, ad un certo punto, senza che nessuno sapesse mai il perchè, i due si separarono; anche se è lecito supporre che la depressione che l'aveva colpita, avesse già minato il suo fragile equilibrio psicologico, accelerando così la rottura. Con Lawrence Olivier, la Leigh, in questi venti anni, costituì una delle coppie più importanti, anzi, decisamente la più importante nella storia del teatro mondiale e in quello shakespeariano in particolare.
Dopo il film di Howard, tra il 1937 e il 1938 la Leigh è protagonista di pellicole, come: "LE TRE SPIE", "PATRIZIA E IL DITTATORE", entrambi di Victor Saville, "UN AMERICANO A OXFORD" e "I MARCIAPIEDI DELLA MATROPOLI", che rappresenta il suo primo successo e il suo primo ruolo importante. Nel frattempo, sulla scena teatrale londinese, si esibisce, con successo, nel ruolo di Ofelia in "Amleto" di Shakespeare, a cui seguono "Bats in the Belfry" e "Sogno di una notte di mezza estate", sempre di Shakespeare.
L'anno dopo comincia la leggendaria ascesa di Vivien Leigh nel firmamento delle stelle, perchè viene scelta, dal produttore David O. Selznicks, per interpretare in "GONE WITHE THE WIND - VIA COL VENTO", di Victor Fleming, il ruolo della bizzosa e indomita Rossella O'Hara, eroina della storia d'amore più famosa della storia del cinema. Sullo sfondo di un ampio affresco storico, nei panni della protagonista del romanzo di Margareth Mitchell (letto più della Bibbia), Vivien Leigh è così convincente, così intimamente Rossella O'Hara, da vincere l'Oscar come miglior attrice protagonista. "VIA COL VENTO", un film fiume, epico, straordinariamente spettacolare, indimenticabile ma anche razzista e sessista, che annovera nel cast, oltre alla Leigh, CLARK GABLE, Leslie Howard e Olivia De Havilland, che vinse otto premi Oscar, tra cui uno, il primo ad un'attrice di colore (Hattie McDaniel, la governante Mammy), che fu campione d'incassi, che richiese, per l'epoca, un grande sforzo produttivo e realizzativo che continua, ancora adesso, ad essere seguitissimo, tutte le volte che viene trasmesso in televisione. Il successo del film non modificò il carattere e le abitudini di Vivien Leigh, da sempre più interessata al teatro che al cinema; decisamente un'anomalia nello spietato e invidioso mondo hollywoodiano.
L'anno dopo, nel 1940, l'attrice è protagonista dell'altrettanto famoso melodramma "IL PONTE DI WATERLOO", di Mervyn LeRoy, in cui, infelice ballerina al tempo della prima guerra mondiale, caduta in rovina e creduto morto il fidanzato, Robert Taylor, partito per il fronte, si prostituisce a Londra: al suo ritorno non ha il coraggio di confessargli la verità e si uccide, sul famoso ponte, gettandosi sotto un camion.
Intanto, però, nel 1937, prima di "VIA COL VENTO", la Leigh aveva girato, a fianco di Lawrence Olivier, "FATALITA'", un solido dramma in cui il fidanzato, per difenderla, uccide involontariamente un ricattatore ma del delitto viene accusato un ex prete alcolizzato. Sceneggiato da Graham Green, il film fu bloccato dai continui rimaneggiamenti del produttore, provocando le ire dello scrittore e fu distribuito solo nel 1940, quando la Leigh era ormai diventata una star. Del 1941 è "LADY HAMILTON" o "IL GRANDE AMMIRAGLIO", dove recita per l'ultima volta con il marito, Lawrence Olivier, in cui, moglie plebea dell'ambasciatore inglese a Napoli e amante dell'ammiraglio Orazio Nelson, rimasta senza un soldo, alla morte di entrambi, viene ricacciata ai margini della società. Il film, in cui l'attrice si esprime ai massimi livelli artistici, ottenne un grosso successo di pubblico e fu molto amato da Winston Churchill, che lo faceva proiettare, molto spesso, ai suoi ospiti, per le chiare allusioni al momento storico in atto: Napoleone, con la sua sete di dominio, ricorda Hitler e Nelson, che difende l'Inghilterra, ha molti tratti in comune con lo stesso Churchill.
Un mezzo passo falso è il successivo impegno nello storico "CESARE E CLEOPATRA", tratto dalla commedia di Georg Bernard Shaw, che raconta, come in una parodia, l'incontro tra l'imperatore romano e la regina egiziana, vista come una sorta di 'femme fatale' Si rifà, immediatamente dopo, con la versione di Julien Duvivier di "ANNA KARENINA", fedelmente tratta dal romanzo omonimo dello scrittore russo Tolstoj. Il melodramma romantico racconta dell'amore adulterino della Karenina per il giovane conte Vronsky, per il quale non esita ad abbandonare marito e figlio, ma l'ostracismo della società pietroburghese e l'impossibilità ad ottenere il divorzio, provocheranno la tragedia. Segue, nel 1951, tre anni dopo averlo portato sulle scene, l'interpretazione del drammatico "UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO", che Elia Kazan trae da Tennessee Williams, che narra la storia della fragile Blanche Dubois, la quale, rimasta vedova si rifugia in casa della sorella, dove viene molestata sessualmente dal brutale cognato, un superbo e virile MARLON BRANDO, al cui fascino lei non sa restare insensibile. Lo stupro a cui dovrà sottostare, finirà con lo spezzare il suo fragile sistema nervoso, portandola al gesto estremo. Il successo del film, ormai annoverato tra i cult, è enorme, l'interpretazione della Leigh è perfetta, così come quella di MARLON BRANDO, e i due attori ricevono la nomination agli Oscar come miglior protagonisti. L'Oscar lo vince solo la Leigh, insieme alla coppa Volpi a Venezia, ma la pellicola ne colleziona altri tre, che contribuiscono a rendere il film, praticamente, immortale. Il ritratto femminile della psicotica Blanche, tutta turbamenti, deliri, malinconie, che l'attrice ci offre, oltre a rispecchiare un lato del suo carattere, così come la bizzosa Rossella di "VIA COL VENTO", aveva rispecchiato l'altro, rifletteva la sua stessa debolezza di vivere e le ansie interiori che cominciavano a minare la sua salute e il suo equilibrio psicologico.
Un'altra prova di alto spessore e di forte intensità psicologica, l'attrice la offre nel melodramma "PROFONDO COME IL MARE", diretto da Anatole Litvak, in cui la vediamo nei panni della bella moglie di un alto magistrato, che si innamora di un ex pilota della RAF, frivolo e superficiale, perdendo, per lui, dignità e rispettabilità. Un'altra eccezionale performance la Leigh la sostiene in "LA PRIMAVERA ROMANA DELLA SIGNORA STONE", di Josè Quintero, un forte dramma tratto da Tennessee Williams, in cui sostiene il ruolo di un'attrice in crisi di mezza età, la quale, durante un soggiorno di riposo a Roma, si invaghisce di WARREN BEATTY, affascinante mascalzone gigolò, che prima la sfrutta e poi, cinicamente l'abbandona. Del 1965 è l'ultima apparizione di Vivien Leigh sullo schermo: in "LA NAVE DEI FOLLI", di Stanley Kramer, è una dei passeggeri, la signora divorziata, della nave di linea tedesca, i quali, incoscienti del pericolo nazista che avanza, si divertono, spensieratamente, durante una crociera da Vera Cruz a Brema.
Già ammalata da tempo di tubercolosi, preda di ricorrenti attacchi di fobie e di isteria che, spesso, sfociavano in veri e propri atti di follia, trascorre gli ultimi anni di vita nella sua casa londinese, in compagnia di un certo John Merival, vedendo la sua splendente bellezza sfiorire lentamente, fino a quando, in un caldo giorno dell'estate del 1967, l'indimenticabile Rossella O'Hara, venne rapita al mondo dei vivi, ritrovando, forse solo allora, quella pace e quella tranquillità interiore che aveva rincorso, invano, per tutta la vita. Vivien Leigh, come tutti i grandi, lascia di sè un ricordo incancellabile e, ancora oggi, la sua stella continua a brillare nel firmamento del cinema mondiale, come continuano a brillare quelle di tutti gli artisti che non si dimenticano. Le sue ceneri sono state disperse al vento, sopra un lago del Sussex.
Ancora oggi le leggende sul come fu scelta per interpretare l'eroina di "VIA COL VENTO", continuano. Secondo alcuni fu il fratello del produttore David Selznick che, mentre già si giravano in studio le riprese dell'incendio di Atlanta, un giorno si avvicinò al fratello e gli disse: "Ti voglio presentare Rossella O'Hara". Dopo tre anni di vane ricerche, era stata trovata l'attrice che avrebbe interpretato la protagonista del romanzo americano più letto nel modo. Secondo altri, fu la stessa Leigh, la quale, inorgoglita da una telefonata del regista Victor Saville (che l'aveva diretta nei suoi primi film), che le diceva non poter essere che lei miss O'Hara, approfittando della sua relazione con Lawrence Olivier, fece di tutto per accompagnarlo in California, dove lui stava girando "La voce nella tempesta". Qui avvenne l'incontro "casuale" con George Cukor, il regista che doveva dirigere il film, e col produttore, e la parte fu sua. Per rendere al meglio il suo personaggio fu necessario, per Vivien Leigh, sporcare il suo perfetto inglese, prendendo lezioni di dizione, aiutata in questo, da Cukor stesso. In seguito, quando il regista lasciò la direzione, la Leigh non ebbe buoni rapporti, nè con Victor Fleming, chiamato a sostituirlo, nè con CLARK GABLE, il suo partner, da lei ritenuto responsabile della sostituzione. Durante il suo matrimonio con Lawrence Olivier, l'attrice si spostava su una Rolls-Royce targata con le iniziali del suo nome e di quelle del marito, VLO123. FILMOGRAFIA 1935 - Things Are looking Up regia di Albert de Couville 1935 - The Village Squire regia di Reginald Denham 1935 - Gentlemen's Agreement regia di George Pearson 1935 - Look Up and Laugh regia di Basil Dean 1937 - Fiamme sull'Inghilterra - Elisabetta d'Inghilterra regia di William K. Howard 1937 - Le tre spie regia di Victor Saville 1937 - PATRIZIA E IL DITTATORE regia di Victor Saville 1938 - UN AMERICANO A OXFORD regia di Jack Conway 1938 - I marciapiedi della metropoli regia di Tim Whelan 1940 - IL PONTE DI WATERLOO regia di Mervyn LeRoy 1940 - Fatalità regia di Basil Dean 1941 - Lady Hamilton o IL GRANDE AMMIRAGLIO regia di Alexander Korda 1946 - Cesare e Cleopatra regia di Gabriel Pascal 1948 - Anna Karenina regia di Clarence Brown 1955 - Profondo come il mare regia di Anatole Litvak 1961 - La primavera romana della signora Stone regia di José Quintero 1965 - LA NAVE DEI FOLLI regia di Stanley Kramer 1937 - UN AMERICANO A OXFORD regia di Jack Conway 1937 - PATRIZIA E IL DITTATORE regia di Victor Saville 1939 - VIA COL VENTO regia di Victor Fleming 1940 - IL PONTE DI WATERLOO regia di Mervyn LeRoy 1941 - IL GRANDE AMMIRAGLIO regia di Alexander Korda 1947 - ANNA KARENINA (1947) regia di Julien Duvivier 1951 - UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO regia di Elia Kazan 1965 - LA NAVE DEI FOLLI regia di Stanley Kramer
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| Titolo: CARY GRANT Ven Apr 17, 2009 3:16 pm | |
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| Titolo: CARY GRANT, biografia Ven Apr 17, 2009 3:31 pm | |
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Vero Nome: Archibald Alexander Leach Data di nascita: 18/01/1904 Luogo di nascita: Bristol - Inghilterra - GB Data di morte: 29/11/1986 Luogo di morte: Davenport - Iowa - USA Altezza m 1,87 Attore. Figlio di Elias James ed Elsie Kingdom Leach. Sua madre viene ricoverata in una clinica per malattie mentali quando Cary ha solo nove anni, ma il fatto gli è tenuto nascosto e l'attore la rivedrà solo dopo molto tempo. A quindici anni abbandona la scuola e si unice alla compagnia di saltimbanchi di Bob Pender, falsificando abilmente la firma di suo padre per l'autorizzazione. Diventa acrobata, funambolo, attore da music hall e gira le province dell'Inghilterra a seguito della compagnia. Nel 1920 va a New York, scelto da Pender per partecipare allo spettacolo "Good Times" a Broadway e ottiene un discreto successo. Lasciati i compagni, fa mille mestieri per mantenersi finchè nei primi anni '30 la Paramount lo prende sotto contratto come caratterista tuttofare. Nel giro di pochi anni arriva al successo interpretando sofisticate commedie al fianco di dive come Marlene Dietrich e Mae West. La fama internazionale arriva con i film diretti da Alfred Hitchcock: "Notorious" (1946), "Caccia al ladro" (1955) e soprattutto "Intrigo internazionale" (1959). Nel 1966, dopo una lunga e brillante carriera decide di ritirarsi dalle scene e di aprire una fabbrica di cosmetici. Spesso ignorato dall'Academy Award (solo due nomination, nel 1942 e nel 1945) nel 1970 gli viene assegnato l'Oscar alla carriera. Si è sposato cinque volte: con l'attrice Virginia Cherrill, matrimonio durato solo un anno; con la miliardaria Barbara Hutton, dal 1942 al 1945; con l'attrice Betsy Drake dal 1949 al 1962. Dal quarto matrimonio, con l'attrice Dyan Cannon, sposata nel 1965 e da cui divorzia nel 1968, nasce l'unica figlia Jennifer (anche lei attrice). Le ultime nozze sono nel 1981 con Barbara Harris, che gli rimane accanto fino alla morte di lui per infarto, mentre recita nel suo spettacolo "An evening with Cary Grant" all'Adler Theater di Davenport, Iowa. Una curiosità: Cary Grant ha ispirato allo scrittore britannico Ian Fleming il personaggio di James Bond.
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| Titolo: GLENN FORD Ven Apr 17, 2009 3:35 pm | |
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| Titolo: GLENN FORD, biografia Ven Apr 17, 2009 3:44 pm | |
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Data di nascita: 1/5/1916 Sainte-Christine, Quebec, Canada Segno zodiacale: Toro Data di morte: 30/8/2006 Attore. Nato in Canada, a otto anni si trasferisce con la famiglia in California, a Santa Monica. Inizia a fare l'attore partecipando nel 1937 ad un corto musicale ma deve aspettare due anni per ottenere un ruolo di rilievo nel lungometraggio "Heaven with a Barbed Wire Fence" (1939). Nello stesso anno diventa cittadino americano e, dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti, si arruola volontario nella Marina. (In seguito, sia durante la guerra di Corea che quella del Vietnam, si reca spesso in visita alle truppe americane, come altri suoi celebri colleghi del grande schermo). La sua ascesa viene quindi interrotta ma, al ritorno in patria al termine del conflitto, nel 1946 Bette Davis lo vuole accanto a sé in "L'anima e il volto". Nello stesso anno la sua interpretazione nel ruolo di Jhonny Farrell in "Gilda" accanto a Rita Hayworth gli dà fama internazionale. Con la stessa attrice gira altri cinque film come coprotagonista. La sua carriera raggiunge l'apice fra gli anni '50 e '60 e dagli anni '70 si svolge soprattutto in televisione, con sporadiche apparizioni sul grande schermo anche se in megaproduzioni come "Superman" (1978) fino agli anni '90. In tutto gira circa 100 pellicole, toccando tutti i generi, dal western al film di guerra, dalla commedia al film drammatico, capace di immedesimarsi con rara maestria nell'uomo comune costretto a vivere una situazione insolita. Non ha mai vinto l'Oscar, ma ha vinto il Golden Globe per "Angeli con la pistola" (1961)di Frank Capra. Per la sua fama ha meritato una stella nella 'Walk of Fame' nell'Hollywood Boulevard di Hollywood e nel 1978 è stato ammesso alla Western Performers Hall of Fame National Cowboy Western Heritage Museum di Oklahoma City, l'equivalente simbolo di gloria per gli interpreti di film western. Tra le sue interpretazioni più famose "Il grande caldo" (1953) di Fritz Lang, "Il seme della violenza" (1955), "Alla larga dal mare" e "Quel treno per Yuma", entrambi del 1957, "I 4 cavalieri dell'Apocalisse (1962), "La battaglia di Midway" (1976). La sua vita è stata segnata da grandi amori, si è sposato e ha divorziato quattro volte. Dopo la ballerina-attrice Eleanor Powell - la prima moglie, sposata nel 1943, dalla quale ha avuto l'unico figlio Peter, anche lui attore - si è sposato con Jeanne Baus, Kathryn Hays, attrici anche loro, e con Cynthia Hayward. E' stato insignito nel '92 della Legion d'onore per le sue azioni durante la Seconda guerra mondiale. Dal 2005 si era trasferito a vivere con la famiglia del figlio Peter a Beverly Hills, dove si è spento all'età di 90 anni.[/b]
Ultima modifica di armonia_completa il Mer Feb 10, 2010 3:02 am - modificato 1 volta. | |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 7:23 pm | |
| Perché non aggiungere a questa lista qualche altro nome? Per esempio, Rita Levi Montalcini, che fra qualche giorno compirà 100 anni; Margherita Hack; e, tra gli uomini, Albert Sabin, che scoprì il vaccino della poliomielite e non volle mai brevettarlo, per consentirne una maggiore diffusione a prezzi ridotti, rinunciando ad ogni guadagno personale... |
| | | armonia_completa Oltre l'apparenza....
| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 8:29 pm | |
| puoi aggiungere chi vuoi, io ho aperto l'invito a tutti di partecipare e mettere chi vogliono.... persone che non ci sono più e raccontare la loro biografia.... se tu vuoi puoi mettere i nomi che più preferisci, io al momento continuo con le persone famose del mondo del cinema ma volevo anche aggiungere musicisti ecccc.... per cui forza e coraggio, aggregaatevi e mettete anche voi i personaggi che volete.... un sorriso, deli | |
| | | armonia_completa Oltre l'apparenza....
| Titolo: CHARLIE CHAPLIN Ven Apr 17, 2009 8:35 pm | |
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| | | armonia_completa Oltre l'apparenza....
| Titolo: CHARLIE CHAPLIN, biografia Ven Apr 17, 2009 8:39 pm | |
| Charles Spencer Chaplin nasce il 16 aprile 1889, a Londra, nella tipica periferia suburbana. Il padre era guitto del musuc-hall detito al bere mentre la madre, mediocre cantante, in perenne difficoltà nel trovare lavoro, affida Charles e Sidney (fratello di quattro anni più vecchio) ad un orfanotrofio dove restano due anni.
Infanzia difficile dunque, la sua. A cui si aggiungono a spirale, in un rincorrersi tragico, altri problemi derivati da quella condizione di miseria umana e materiale. Non solo i genitori ad un certo punto si separeranno, ma la madre svilupperà anche una brutta malattia mentale della madre che la costringerà ad un penoso via vai di ricoveri ospedalieri e faticosi ritorni sulle scene. In mezzo a tutto questo, però, Chaplin coltiva forte il sentimento di una necessità di miglioramento, un'ambizione per una vita più dignitosa a cui si vanno ad aggiungere la sua innata intelligenza e la capacità di saper cogliere aspetti del reali oscuri agli altri.
Il talento del giovane Charles, d'altronde, fa presto a manifestarsi. A soli sette anni già affronta il palcoscenico come cantante mentre a quattordici ottiene le sue prime parti teatrali (la seconda è in uno Sherlock Holmes che lo vedrà a lungo in tournée). Non si può dire insomma che non abbia fatto la classica gavetta, che la sua conoscenza del mondo dello spettacolo non sia approfondita. Una scuola di vita che lo porta a diciannove anni ad essere accettato dalla celebre compagnia di pantomime di Fred Karno, con cui collabora per un paio di anni prima della grande tournè americana, l'occasione che gli farà scoprire un mondo diverso, più libero e ricco di possibilità.
Ed è proprio durante un giro di spettacoli ad Hollywood nel 1913, che il produttore Mack Sennett lo scopre, inducendolo poi a firmare il primo contratto cinematografico con la Keystone. Nel 1914 fa la sua prima apparizione sullo schermo (titolo: "Per guadagnarsi la vita"). Per le brevi comiche pensate per Sennett, Chaplin trasformò la macchietta che si era costuito nel tempo, ?Chas? (una sorta di nullafacente dedito solo al corteggiamento), in quel campione di umanità che è il vagabondo "Charlot" (chiamato inizialmente "Charlie" ma poi ribattezzato Charlot nel 1915 da un distributore francese), confezionato da Chaplin nell'indimenticabile "divisa" fatta di baffetti neri, bombetta, giacchetta stretta e corta, pantaloni larghi e sformati e bastoncino di bambù-.
L'attività, come l'epoca vuole, è frenetica: 35 comiche realizzate per la Keystone nel solo 1914 (ben presto anche come regista), 14 per la Essanay nel 1915-16, 12 per la Mutual nel 1917. Un'immensa mole di lavoro che però contribuisce a lanciare definitivamente Charlot, ormai entrato nel cuore di milioni di persone in mezzo mondo. Nel 1918, infatti, Chapli si potrebbe anche considerare "arrivato": è ricco, famoso e conteso. Una prova? In quell'anno firma un contratto da un milione di dollari con la First National per la quale realizza, sino al 1922, nove mediometraggi (fra cui classici assoluti come "Vita da cani", "Charlot soldato", "Il monello", "Giorno di paga" e "Il pellegrino").
Seguono i grandi film prodotti dalla United Artists (la casa fondata da Chaplin nel 1919 con Douglas Fairbanks sr., D. W. Griffith e Mary Pickford): "La donna di Parigi" (di cui è solo regista), "La febbre dell'oro" e "Il circo negli anni '20"; "Le luci della città" e "Tempi moderni" negli anni '30; "Il grande dittatore" (travolgente satira del nazismo e del fascismo) e "Monsieur Verdoux" negli anni '40; "Luci della ribalta" nel 1952.
Personaggio pubblico, universalmente acclamato, Chaplin ha avuto anche un'intensa vita privata, sulla quale sono fiorite leggende di tutti i tipi, poco chiarite ancora oggi. Ad ogni buon conto, a testimonianza della voracità sentimentale del personaggio, stanno a testimonianza quattro matrimoni, qualcosa come dieci figli "ufficiali e numerose relazioni spesso burrascose e dai complessi scioglimenti.
Numerosi anche gli avvenimenti di carattere politico che hanno segnato la vita del grande comico (ammesso che questa parola non sia troppo riduttiva). La presunta origine ebraica e le simpatie per idee e movimenti di sinistra gli causarono numerose grane, fra cui quella di essere sottoposto al controllo dell'FBI sin dal 1922. Nel '47, invece, viene addirittura trascinato di fronte alla Commissione per le attività antiamericane, sospettato in pratica di comunismo: un'accusa che gli costa l'annullamento nel '52 (mentre Chaplin era in viaggio per Londra ), il permesso di rientro negli USA.
Nel 1953 i Chaplin si stabiliscono in Svizzera, presso Vevey, dove Charles si spegnerà il 25 dicembre 1977. Chaplin nella sua carriera non ha mai vinto un oscar come migliore attore o miglior regista. Per lui oltre al tardivo oscar alla carriera nel 1972, un oscar come migliore compositore musicale sempre nel 1972 per il film "Luci della ribalta" (pellicola realizzata ben vent'anni prima).
I suoi ultimi film ("Un re a New York", 1957, e "La contessa di Hong Kong", 1967), la sua "Autobiografia" (1964), le riedizioni sonorizzate delle sue vecchie opere e molti progetti rimasti incompiuti hanno confermato sino all'ultimo la vitalità di un artista che va annoverato fra i pochi grandi in assoluto del nostro secolo (il grande poeta russo V. Maiakovski gli ha addirittura dedicato una poesia). | |
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| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 11:26 pm | |
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| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 11:28 pm | |
| Paul Newman
Nato il 26 gennaio 1925 a Shaker Heights, Ohio, Paul Newman si laurea in Scienze al Kenyon College e negli anni '40 entra a far parte di una compagnia teatrale. Qui incontra Jakie Witte che diverrà sua moglie nel 1949. Dal matrimonio nascono tre figli, il più piccolo, Scott, morirà tragicamente per overdose nel 1978.
Negli anni '50 si iscrive alla scuola di recitazione "Actor's Studio" di New York e debutta sul palcoscenico di Broadway con lo spettacolo "Picnic" di William Inge. Dopo avere incantato intere platee decide che la nuova strada da intraprendere è quella del cinema: nel 1954 si incammina per Hollywood debuttando nel film "Il calice d'argento".
In quel periodo il cinema americano è ricco di attori belli, dannati e osannati da pubblico e critica - un esempio su tutti è Marlon Brando con il suo "Fronte del porto" - e per Newman non sembra facile affermarsi ed entrare a far parte dello star system. Ma il fato è in agguato e il giovane James Dean muore tragicamente. Al suo posto, per interpretare il ruolo del pugile italo-americano Rocky Graziano, viene chiamato Paul Newman.
Nel 1956 esce quindi nelle sale "Lassù qualcuno mi ama" ed arriva il successo di pubblico e critica. In breve tempo, con il suo sguardo languido dai profondi occhi blu e con la sua attitudine viene riconosciuto come uno dei sex symbol del cinema americano.
Nel 1958, dopo il divorzio dalla Witte, sposa l'attrice Joanne Woodward conosciuta sul set del film "La lunga estate calda" e con la quale è ancora oggi felicemente sposato. Dalla loro unione nascono tre figlie.
Nel 1961 compie il grande passo e decide di cimentarsi dietro la macchina da presa con il cortometraggio "On the harmfulness of tabacco"; il suo primo film da regista è "La prima volta di Jennifer" con il quale Newman dirige la moglie.
La sua carriera di regista prosegue con i film "Sfida senza paura" (1971), "Gli effetti dei raggi gamma sui fiori di Matilde" (1972), "Lo zoo di vetro" (1987).
Nel 1986 finalmente l'Addemy si accorge di lui e arriva l'Oscar per la sua interpretazione nel film "Il colore dei soldi" di Martin Scorsese, al fianco di un giovane Tom Cruise.
Durante gli anni '70 una sua grande passione sono le corse automobilistiche e nel 1979 prende parte alla 24 ore di Le Mans arrivando secondo al volante della sua Porsche. Negli anni '90 nasce la Newman's own, un'azienda alimentare specializzata in produzioni biologiche, i cui ricavati vengono devoluti in beneficenza.
Nel 1993 riceve il premio "Jean hersholt Humanitaria" dall'Accademy per le sue iniziative benefiche. In ricordo del figlio Scott, Newman dirige "Harry & son" nel 1984, storia di padre e figlio allontanati da mille incomprensioni.
La classe di Paul Newman la si ritrova in numerosissime pellicole, da quei capovalori che sono "La gatta sul tetto che scotta" (1958, con Elizabeth Taylor) e "La stangata" (1973, con Robert Redford) fino agli ultimi film ("Le parole che non ti ho detto" - 1998, con Kevin Costner, "Era mio padre" - 2003, con Tom Hanks) dove sebbene anziano la sua presenza fa ancora la differenza.
Alla fine del mese di luglio del 2008 gli viene diagnosticato un cancro ai polmoni. Trascorre gli ultimi mesi della sua vita con la famiglia: il 26 settembre 2008 muore nella sua casa di Westport, nello stato del Connecticut. |
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| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 11:29 pm | |
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| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 11:42 pm | |
| James Dean Era il tardo pomeriggio, già tendente alla sera, del 30 settembre 1955: nella statale 466 in direzione di Salinas, California, una Porsche Spider non poté evitare la collisione con un altro veicolo che, forse per una distrazione dell'autista, ne aveva invaso la corsia. L'impatto fu devastante: per il conducente dell'auto non ci fu nulla da fare, era deceduto sul colpo e la sua auto ridotta in pezzi. Alcune ore più tardi, tra lo sgomento generale, cominciò a diffondersi la notizia che James Dean era morto. Aveva 24 anni.
Oggi, a distanza di cinquant'anni dalla scomparsa dell'attore e dalla nascita del mito, quella di James Dean è un'icona che la cultura giovanile ha introiettato, ormai quasi inconsapevolmente, e la cui leggenda continua a perpetuarsi da più generazioni, senza peraltro veder diminuire il suo sottile fascino e la sua attualità. Non è facile trovare un altro personaggio che, al suo pari, ha influenzato tanto, e così a lungo, i comportamenti, il modo di vestire, le mitologie metropolitane dei giovani; al punto da potersi affermare che in ogni giovane c'è riposto qualcosa che appartiene a James Dean, prototipo di ogni teenager.
Negli stessi anni in cui se ne cominciava a definire la leggenda, il rock'n'roll muoveva i suoi primi passi e la figura del "ribelle" incarnata dall'attore fu, sin dall'inizio, assunta come propria dalla nuova tendenza musicale: negli States nasceva la cultura giovanile, che avrebbe presto conquistato e rivoluzionato il mondo.
Così come della sua precoce morte, della vita di James Dean si è scritto a lungo per decenni, spesso con accenti quasi epici che finiscono per generare una totale indistinzione tra vita privata e pubblica ma, soprattutto, tra vita e arte. Questa forma d'indistinzione, se da un lato può rappresentare un limite, perché spesso si corre il rischio di mettere in secondo piano quelli che sono gli indubbi meriti artistici dell'attore rispetto a un certo gusto per l'aneddotica biografica dell'uomo, dall'altro lato è forse al tempo stesso inevitabile per capire un personaggio enigmatico e singolare come James Dean, che recitò nel modo in cui visse, e visse come recitò sul grande schermo.
James Byron Dean nacque l'8 febbraio del 1931 a Marion, nell'Indiana, in quello che allora era uno tra gli stati americani più depressi e rurali. La sua prima infanzia fu segnata dalla prematura scomparsa della madre e dal difficile rapporto con il padre. Fu amorevolmente allevato dagli zii e, appassionatosi sin da giovane al teatro e ad altre attività creative, cominciò a sviluppare una personalità inquieta, eccentrica, ambiziosa, e che sarebbe rimasta carica di conflitti adolescenziali mai risolti.
Alcuni anni dopo, furono sopratutto queste sue caratteristiche peculiari a convincere il regista Elia Kazan che il ventitreenne James Dean - il quale aveva studiato recitazione, frequentato l' "Actors Studio" e aveva già alle spalle diverse esperienze teatrali, ma anche radiofoniche e televisive - possedesse la personalità più adatta per interpretare il difficile personaggio di Cal Trask nel film La valle dell'Eden ("East of Eden", 1955), tratto dall'omonimo romanzo di Steinbeck. Per il ruolo, egli fu preferito sia a Marlon Brando, sia a Montgomery Clift: gli altri due più anziani "ribelli di Hollywood", entrambi modelli di riferimento per il giovane James Dean, non possedevano a parere di Kazan la stessa carica emotiva, lo stesso risentimento nei confronti della figura paterna, la stessa giovanile irruenza, la medesima profonda infelicità.
Fu così che al giovane attore, per la prima volta, si aprirono le grandi porte della celebrità e del successo, da egli a lungo anelato. Ma, se James Dean aveva bisogno di Hollywood per appagare la sua innata e irrefrenabile ambizione, anche Hollywood aveva bisogno di attori come lui. In quegli stessi anni, infatti, la celebre "fabbrica dei sogni" si stava aprendo anche a un nuovo modo di far cinema: più libero e indipendente, caratterizzato da uno stile più realistico, pregnante e meno auto-celebrativo, attento ai fenomeni sociali e soprattutto al nascente universo giovanile, che il cinema stesso contribuì a definire ed alimentare.
James Dean restò a Hollywood appena diciotto mesi ed ebbe il tempo di recitare solo in tre pellicole ma, pur in questo esiguo arco di tempo, rivoluzionò non soltanto la vita di milioni di teen-ager, ma anche lo stile di recitazione di parecchi attori cinematografici. Truffaut scrisse di lui, dopo la sua morte: "Dean va contro cinquant'anni di cinema. Lui recita qualcos'altro da quello che pronuncia, il suo sguardo non segue la conversazione, provoca una sfasatura tra l'espressione e la cosa espressa. Ogni suo gesto è imprevedibile. Dean può, parlando, girare la schiena alla cinepresa e terminare in questo modo la scena, può spingere bruscamente la testa all'indietro o buttarsi in avanti, può ridere là dove un altro attore piangerebbe e viceversa, perché ha ucciso la recitazione psicologica il giorno stesso in cui è apparso sulla scena".
Solitario, irrequieto, dal fascino un po' tenebroso, sin dal suo esordio in La valle dell'Eden, questo enfant terrible di Hollywood fu considerato un eroe dalla gioventù americana, dimostrandosi in grado di rappresentarne lo straniamento, di denunciarne l'incomprensione, di esorcizzarne la solitudine. Il film mette in scena la storia del burrascoso rapporto tra un padre e il minore dei suoi due figli, che nutre risentimento nei confronti del genitore perché, a differenza del fratello, non si è mai sentito amato e apprezzato. James Dean, per il proprio simile vissuto personale, caratterizzò in modo così intenso il personaggio di Cal Trask, infelice e incompreso, che la sua non era più soltanto un'ottima interpretazione cinematografica; era qualcosa di ben più potente e pregnante che andava oltre la finzione filmica, la storia narrata: improvvisamente, fu assunto come portavoce di un'intera giovane generazione che, per la prima volta, cercava di affermare sé stessa. Negli stessi mesi, un altro fenomeno rivoluzionario, il rock 'n' roll, faceva la sua clamorosa comparsa.
Se "La valle dell'Eden" mise in luce una nuova rivelazione del cinema, e cominciò già a definire i tratti di un simbolo generazionale, fu però soprattutto la seconda interpretazione, Gioventù bruciata, quella più memorabile e che consegnò alla posterità la leggenda di James Dean nella forma in cui è stata tramandata da allora: è l'immagine risultante da "Gioventù bruciata", infatti, a esser quella più intimamente legata al mito dell'attore anche perché, in questo film, l'uomo Dean e il personaggio da lui interpretato, Jim Stark, grazie anche a una sapiente regia, sembrano davvero giungere a identificarsi del tutto; in questo modo, il film si trasforma quasi in un documento biografico dell'attore, un frammento della sua breve vita e, allo stesso tempo, anche una premonizione della sfortunata morte che, ancor prima che il film uscisse nelle sale, egli avrebbe trovato. "La sua angoscia era autentica sia sullo schermo che nella vita", ebbe a dire di lui Andy Warhol alcuni anni dopo. Per delle sinistre coincidenze, anche gli altri due giovani attori principali che lo affiancavano - Natalie Wood e Sal Mineo - avrebbero trovato entrambi una tragica morte precoce in circostanze cupe e misteriose.
Gioventù bruciata ("Rebel Without A Cause", 1955), diretto da un talentuoso Nicholas Ray, mette in scena la drammatica e toccante storia di tre adolescenti alle prese con il difficile passaggio all'età adulta e con la faticosa ricerca di una propria identità. Il mondo degli adulti, quello dei genitori, è visto con distacco e profonda estraneità, poiché incapace di trovare delle risposte al disagio giovanile e, soprattutto, di trovarle in fretta. Ne consegue una totale incomunicabilità tra i due orizzonti: quello adulto, tratteggiato come debole, assente e ipocrita; quello dei giovani, dipinto come sentimentale e idealista. L'insicurezza esistenziale, la profonda solitudine, la mancanza di punti di riferimento, porta i giovani protagonisti a cercare la propria strada anche a costo di rischiare di perderla. Alla fine, la storia d'amore tra Jim e Judy sarà forse per i due giovani un veicolo di rinnovamento e di approdo a una vita matura, ma che sia al tempo stesso consapevole e coraggiosa; a farne le spese sarà, però, il più piccolo e indifeso dei tre protagonisti: Plato, vittima innocente di una società malata e distratta.
continua... |
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| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 11:43 pm | |
| In "Gioventù bruciata", diventato presto un vero cult-movie, fanno la loro piena comparsa anche quelle tematiche che caratterialmente accompagnano, sin dalla più giovane età, la breve e turbolenta vita di James Dean: la competitività, la continua messa alla prova di se stessi, la fretta di vivere, la sfida alla morte. Come è noto, infatti, l'attore fu nel corso della propria vita un "ribelle" non certo meno che negli schermi cinematografici, conducendo una vita intensa, frenetica e spesso sregolata.
Originario dell'Indiana, patria delle 500 miglia di Indianapolis, Jimmy - come veniva chiamato dagli amici - nutriva una passione smisurata per le moto e le auto da corsa, con le quali trascorreva molto tempo, spesso partecipando anche a competizioni ufficiali. Il giorno in cui morì, era diretto a Salinas per una gara a cui avrebbe preso parte il giorno seguente. L'ironia della sorte volle anche che, poco più di un mese prima dell'incidente, Jimmy avesse partecipato come testimonial a uno spot televisivo sulla guida sicura. In quell'occasione, le sue parole furono: "Guidate con calma" - e poi, rivolgendo lo sguardo verso la telecamera, con un sorriso enigmatico aggiuse: "Perché la vita che salvereste potrebbe essere la mia". Sebbene in seguito pare sia stato accertato che l'incidente di cui fu vittima non fosse legato a un eccesso di velocità, il triste epilogo rappresentò l'esito finale di una vita vissuta sempre sul filo del rasoio. Uno dei motti da lui inventati era: "Sogna come se potessi vivere in eterno, vivi come se dovessi morire oggi". Così visse, così morì.
Quel 30 settembre del '55, l'America dei giovani - e non solo - si ritrovò in lacrime per la perdita di un eroe; si assistette a scene di delirio tragico paragonabili solo a quelle che, trent'anni prima, avevano accompagnato la scomparsa di Rudolph Valentino. Appena una settimana prima della tragica collisione alla guida della sua "Little Bastard" - aveva soprannominato così la nuovissima Porsche 550 -, l'attore aveva ultimato a Hollywood, al fianco di Liz Taylor, le riprese principali del kolossal Il Gigante ("Giant", 1956), diretto da George Stevens; la sua terza e ultima interpretazione cinematografica, sebbene non da protagonista. Il film uscì nelle sale un anno dopo la sua morte e fu accolto con grande clamore. Alcuni mesi più tardi, Hollywood offrì il primo di tanti futuri tributi al suo giovane e sfortunato eroe: The James Dean Story (1957), un vivace documentario co-diretto da un giovane Robert Altman, e la cui colonna sonora ebbe come interprete d'eccezione il jazzista Chet Baker (il quale, anch'egli bello e maledetto, prese a esser soprannominato il "James Dean del jazz"). Nel film, tuttavia, l'intento documentaristico finiva in realtà per rivelare i propri limiti, facendo assumere all'attore da poco scomparso già un'intensa aura di leggenda. Leggenda che, da allora, non sembra conoscere tramonto.
Dalla metà degli anni 50 ai nostri giorni, James Dean è stato oggetto di un vero e proprio culto: per decenni, migliaia e migliaia di fan lo hanno venerato e imitato, ne hanno commemorato la morte, ne hanno visitato la tomba, ne hanno collezionato cimeli e oggetti, alcuni hanno persino partecipato a competizioni in suo ricordo. La sua immagine è stata abbondantemente utilizzata e rielaborata - in modo più o meno diretto - dall'industria del cinema, della televisione e della moda. Si può anche dire che nessuno abbia contribuito quanto lui a definire quello che è ancora oggi il look più diffuso nei giovani di tutto il mondo: jeans e t-shirt, indumenti ormai considerati inseparabili dallo stesso stauts di giovani. Ma forse è nell'universo del rock, e delle sue proprie mitologie, che l'influenza dell'attore è stata più pervasiva e autentica. Già all'indomani della sua scomparsa, infatti, il nascente rock&roll ne assunse non soltanto gli aspetti estetici, pur indispensabili per la definizione dei novelli rocker, ma anche l'anarcoide spirito di ribellione: Elvis, per consolidare la propria immagine, adottò strategicamente un look e delle movenze "animalesche" alla James Dean, del quale era un fanatico ammiratore; Gene Vincent ed Eddie Cochran, invece, giunsero a un'identificazione spirituale ben maggiore e, mentre il primo la scampò per due volte, il secondo trovò, come l'attore, una sfortunata e precoce morte sull'asfalto.
Il retaggio mitico del ribelle di Hollywood, però, non si limitò solo al primo rock&roll bensì, da allora in poi, divenne definitivamente parte integrante della cultura musicale del rock tout court: dai primi rock&roller agli alfieri dell'underground, dai surfisti ai punk, e fino ai giorni nostri, la figura di James Dean accompagna, con le sue forti connotazioni, l'intera storia del rock; incarnandone quell'anima ribelle e dannata, ma anche fragile e fanciullesca, caratterizzando quella ricorrente immagine da "duri con il cuore tenero" e sfidando persino lo scontro generazionale, poiché simbolo così forte da essere assunto tanto padri quanto dai figli. Se già il giovane Bob Dylan considerava James Dean un idolo e ne lamentò la morte, alcuni anni dopo i Beach Boys gli dedicarono una canzone, un tributo a nome del popolo del surf.
Dall'altra parte dell'oceano, invece, John Lennon giunse addirittura a dichiarare che "senza James Dean non sarebbero mai esistiti i Beatles". Lo stesso Lennon, nella copertina del suo "Rock'n'roll", era ritratto abbigliato e atteggiato "alla James Dean" e sembrava così unire, all'omaggio al glorioso rock'n'roll costituito dal suo disco, un preciso riferimento all'attore, rendendone così esplicito il profondo legame spirituale intessuto con la cultura della musica rock. I primi anni 70, poi, assistettero al fiorire del culto di Jim Morrison, senza dubbio debitore di James Dean. Alla fine dei 70, fu la volta del bassista dei Sex Pistols, Sid Vicious, uno dei simboli più eloquenti di una nuova "gioventù bruciata", a esser visto da alcuni come un'ennesima incarnazione, ben più perversa e trasgressiva, dell'angelo maledetto di Hollywood. Nel corso degli anni 80, fu Morrissey - cantante degli Smiths - a dar voce agli aspetti più intimisti e malinconici dell'attore, alla cui memoria egli dedicò persino un libro ("James Dean Is Not Dead", 1983). Negli anni 90, infine, qualcuno giunse a paragonare il tormentato e alienato Kurt Cobain, leader dei Nirvana, a un moderno James Dean il quale, tra l'altro, ritratto nel '54 in una celebre sequenza di fotografie, aveva introdotto con decenni di anticipo anche una sorta di portamento "grunge" ante litteram.
Forse non è stata la scomparsa di James Dean a introdurre per la prima volta la mitizzazione della morte prematura, ma fu sicuramente la sua a offrire una nuova, moderna, formulazione a quell'ideale romantico; proprio lui che di un celebre poeta romantico vissuto intensamente, Byron, portava anche il nome. Fu James Dean infatti l'interprete per eccellenza del detto "live fast, die young"; anch'esso, fu fatto proprio ed esaltato dal rock: da Jimi Hendrix a Jim Morrison, da Nick Drake a Tim Buckley, da Sid Vicious a Ian Curtis, fino a Kurt Cobain, nell'immaginario del rock, la precoce morte biologica sembra costituire il definitivo lasciapassare per l'immortalità e la consacrazione artistica.
Ma chi fu veramente James Dean? Il giovane attore di talento la cui promettente carriera fu interrotta da una morte prematura, oppure uno dei prodotti dell'immaginario collettivo americano? Egli fu sicuramente, e più di altri, l'una e l'altra cosa insieme. Solo in America, terra giovane di storia e dotata di uno straordinario potere mitopoietico, poteva fiorire la moderna leggenda di James Dean che, simile a un eterno Peter Pan, occupa uno dei posti d'onore nell'Olimpo delle "divinità" americane: quello che, tra le altre, ospita le stelle di Elvis Presley e Marilyn Monroe e che rappresenta uno dei custodi dell'American dream, alimentato dalle proprie stesse mitologie. Ma, d'altro canto, l'icona di James Dean sembra anche rappresentare un caso a sé.
Perpetuandosi e rinnovandosi in modo singolare, e per certi versi unico, quella dello sfortunato attore appare, rispetto alle altre, un'immagine ben più profonda: più reale e autentica ma, insieme, più universale e indefinita. La grandezza di James Dean, e il segreto del suo incredibile e duraturo successo, consistette nell'esser riuscito, grazie anche al suo indubbio talento, a infondere le pellicole di qualcosa d'unico, come lo era la sua irrequieta personalità e, allo stesso tempo, a rendersi interprete universale non soltanto dei giovani americani del dopoguerra, ma anche dello spirito profondo dei giovani d'ogni tempo. |
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| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 11:47 pm | |
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| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 11:49 pm | |
| John Lennon
John Winston Lennon nasce il 9 Ottobre 1940 a Liverpool nel Maternity Hospital in Oxford Street. I genitori, Julia Stanley e Alfred Lennon che si erano sposati due anni prima, si separarono nell'Aprile del 1942 quando Alfred si imbarca per far ritorno nel 1945 con l'intenzione di riprendersi il figlio e di portarlo con sè in Nuova Zelanda. John, invece, preferisce restare con sua madre che lo affida alle cure di sua sorella Mimì. L'educazione impartita dalla zia è molto severa, pur improntata ad un sostanziale affetto e rispetto; lo spirito di John è già di indole ribelle, avido di libertà e di nuove esperienze. In una sua intervista, John, richorda che "in quel periodo i miei svaghi principali consistevano nell'andare al cinema o nel partecipare ogni estate al grande "Galden Party" che si teneva nella locale sede dell'Esercito della Salvezza "Strawberry Fields". "A scuola con la mia banda mi divertivo a rubacchiare qualche mela, poi ci arrampicavamo sui sostegni esterni dei tram che passavano per Penny Lane e ci facevamo dei lunghi viaggi per le vie di Liverpool". Nel 1952 John si iscrive alla Quarry Bank High School.
La madre Julia è forse la persona che più di ogni altra ha spinto il futuro chitarrista a diventare un ribelle e ad insegnargli i primi accordi su un banjo. Famosa è la raccomandazione che la zia Mimì fa a John vedendolo trascorrere gran parte del suo tempo a strimpellare la chitarra: "con quella non ti guadagnarai mai da vivere!". La prima apparizione in pubblico dei "Quarry Men", il primo complesso fondato da Lennon, avviene il 9 Giugno 1957. Il successivo 9 Luglio nel corso di un concerto che si teneva a Woolton, il loro sound impressiona profondamente uno spettatore di nome Paul McCartney che alla fine del concerto chiede a John di essere sentito per alcuni minuti accompagnandosi con la chitarra eseguendo rapidamente " Be Bop A Lula " e "Twenty Flight Rock". John viene colpito dal fatto che quel ragazzo non solo usa degli accordi che lui ignora, ma anche perchè conosce perfettamente i testi di quelle canzoni. E così si costituisce il duo Lennon-McCartney e ha inizio quell'avventura musicale chiamata Beatles. Il 15 Luglio 1958 la madre di John, Julia, muore investita da un'auto mentre è insieme al figlio. I Quarry man, ora anche con George Harrison, registrano su nastro due brani "That'll be the day" e "Inspite of all the danger" che successivamente vengono trasferiti su cinque acetati, di cui ne sono rimasti solo due in possesso rispettivamente di Paul McCartney e John Lowe. Nel Dicembre dello stesso anno incontra e si innamora di Cynthia Powell al Liverpool Art College, la sua nuova scuola.
Nel 1959 i Quarry Men cambiano il loro nome in Silver Beatles e divengono l'attrazione fissa del Casbah Club di Liverpool, gestito dalla madre del nuovo batterista, Pete Best. Nell'Agosto del 1960 debuttano al Reeperbahn di Amburgo, con un certo Sutcliffe al basso, dove suonano ininterrottamente per otto ore al giorno. Per tenere quel ritmo John comincia a prendere pillole di anfetamina che i camerieri del locale fornivano tranquillamente. Nel Gennaio del 1961 eseguono il loro primo concerto al Cavern Club di Liverpool. Il 10 Aprile 1962, Stewart, che nel frattempo era rimasto ad Amburgo, muore per emorragia celebrale. Il 23 Agosto Cynthia e John si sposano al Mt. Pleasant Register Office di Liverpool. L'8 Aprile del 1963 Cynthia dà alla luce, al Sefton General Hospital di Liverpool, John Charles Julian Lennon. Comincia per John l'uso delle droghe pesanti. Nel Novembre 1966 John incontra per la prima volta Yoko Ono, avvenimento che avrebbe cambiato la sua vita. Il 18 Ottobre i due vengono arrestati per possesso ed uso di cannabis. Rimandati davanti alla Marylebone Magistrates'Court, vengono rimessi in libertà dietro pagamento di una cauzione. Il successivo 8 Novembre John divorzia da Cynthia. John e Yoko si sposano a Gibilterra il 23 Marzo 1969 ed iniziano il loro bed-in all'Hilton di Amsterdam. L'iniziativa, finalizzata a favore della pace nel mondo, ha grande eco sulla stampa mondiale. Come gesto simbolico, inviano un pacchettino contenente "semi di pace" ai maggiori leaders politici mondiali. John restituisce la sua onorificienza di MBE alla regina, per protesta contro il coinvolgimento inglese nel massacro del Biafra e l'appoggio del governo agli Stati Uniti per la guerra del Vietnam.
Nell'Aprile del 1970 i Beatles si sciolgono ed anche se apparentemente il fatto non lo turba più di tanto, John ingaggia feroci polemiche con il suo ormai ex amico Paul. Nel suo primo vero lp Plastic Ono Band ci dice "io non credo nei Beatles, io credo solo in me, in Yoko e in me, io ero il tricheco, ma ora sono John, e così cari amici dovete solo andare avanti, il sogno è finito". Nel disco successivo, Imagine, John si scaglia apertamente contro Paul McCartney con il durissimo testo di How do you sleep?: "Il suono che produci è musicaccia per le mie orecchie, eppure dovresti aver imparato qualcosa in tutti questi anni". Nell'Aprile del 1973 John e Yoko comprano un appartamento al Dakota nella 72^ strada di New York di fronte a Central Park, dove vanno a risiedere; John nel frattempo ha grossi problemi col governo federale per il riconoscimento della cittadinanza americana, tra l'altro viene controllato dagli agenti della C.I.A. per il suo impegno politico. Nella seconda metà dello stesso anno John e Yoko si separano. John si trasferisce momentaneamente a Los Angeles ed intreccia una relazione con May Pang, segretaria di Yoko. La separazione si interrompe più di un anno dopo, quando i due si rivedono in occasione dell'apparizione di John al concerto di Elton John al Madison Square Garden del 28 Novembre 1974. Un'altra tappa fondamentale della breve vita di John è costituita dalla nascita del suo secondo figlio; in concomitanza col suo trentacinquesimo compleanno, il 9 Ottobre 1975 Yoko Ono dà alla luce Sean Taro Ono Lennon. Da ora in poi dedica tutta la sua vita alla famiglia, accumulando materiale per nuove canzoni, finchè l'8 Dicembre 1980 viene assassinato da un fan in cerca di notorietà. |
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| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 11:52 pm | |
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| Titolo: Re: donne ed uomini indimenticabili Ven Apr 17, 2009 11:53 pm | |
| Marlon Brando
Massimo rappresentante del nuovo metodo di recitazione dell'Actor's Studio che si andava affermando nel cinema americano nella metà degli anni '50 (il famoso "Metodo Stanislavsky"), Marlon Brando si è imposto dapprima come attore di notevole spessore e poi come vera a propria icona grazie alla sua capacità di vivere i personaggi che interpretava ampliandone le interne pulsioni psicologiche, spesso appena suggerite dalle sceneggiature.
Nato ad Omaha, Nebraska, il 3 aprile 1924, figlio di un commesso viaggiatore e di una attrice di seconda linea, prima di fare l'attore tenta inizialmente la carriera militare ma, indisciplinato e insofferente alle regole gerarchiche che vigono in caserma, viene espulso dall'Accademia Militare del Minnesota. Si trasferisce a New York e frequenta un corso di arte drammatica debuttando nel 1944 a Broadway. Tre anni più tardi trionfa in teatro con il personaggio di Stanley Kowalski, il protagonista dello struggente dramma di Tennessee Williams "Un tram che si chiama desiderio". Nel 1950, sotto la guida di Elia Kazan, frequenta il già citato celeberrimo Actor's Studio, che gli apre finalmente le porte per il cinema.
Dopo il lungo e faticoso tirocinio all'Actor's Marlon Brando esordisce sul grande schermo nel 1950 con il film "Uomini" di Fred Zinneman, nel quale interpreta un paraplegico reduce di guerra. Per questo ruolo si chiude per un mese a studiare il comportamento dei disabili in un ospedale specializzato. Il suo volto, il suo magnetismo, rimangono molto impressi negli spettatori che vedono il film; Brando tiene inchiodati gli spettatori con la sua forza, le sue intense espressioni, nonché per una permeante sensazione di virilità che riesce a far percepire quasi fisicamente.
Il vero successo gli arriva però l'anno dopo, con le stesso testo che lo lanciò in teatro: la versione cinematografica di "Un tram che si chiama desiderio" (regia di Elia Kazan, con Vivien Leigh) lo proietta direttamente nell'immaginario femminile di un'intera generazione. Sullo schermo Marlon Brando è di un fascino immenso e il suo personaggio coniuga caratteristiche contraddittorie che, a quanto sembra, colpirono in modo particolare le signore del tempo: non solo è bello in modo disarmante, ma è anche allo stesso tempo duro e profondamente sensibile, ribelle e anticonformista. Insomma, un ruolo che non poteva passare inosservato in una società così legata alle regole e alle convenzioni come l'America di allora.
Purtroppo, negli anni a venire di questo grande fascino resterà solo l'ombra. Brando, inspiegabilmente, perde del tutto la magnifica forma fisica di un tempo e, forse per i grandi problemi legati alla sua famiglia (il primo figlio ha assassinato l'amante della sorellastra Cheyenne ed ha subito la condanna al massimo della pena, dieci anni, nonostante il padre abbia testimoniato in suo favore. In seguito Cheyenne si è suicidata impiccandosi), si è completamente lasciato andare. Arriverà a pesare qualcosa come 160 Kg e i giornali scandalistici faranno a gara nel pubblicare foto recenti, mettendolo spietatamente a confronto con le immagini dei tempi d'oro.
D'altronde, a parte l'allucinante episodio del figlio, anche il resto della vita privata di Brando non è stato esattamente come affrontare una vacanza. Non solo è stato sposato tre volte (con Anna Kashfi, con Movita e con Tarita), ma ha avuto altre relazioni importanti conclusasi, nel migliore dei casi, con un doloroso addio. Fra le sue molte donne Pina Pellicier si è suicidata nel 1961, mentre Rita Moreno ha tentato due volte senza successo. Brando ha inoltre al suo attivo altri otto riconoscimenti di paternità.
Non meno travagliati sono i suoi rapporti con la statuetta più ambita da tutti gli attori: dopo quattro nominations consecutive (a partire dagli anni '50), finalmente con "Fronte del porto" (1954), diretto da Elia Kazan vince l'Oscar come miglior attore protagonista, con il ruolo di Terry Malloy. Conquista anche il premio come miglior attore al Festival di Cannes.
Sempre nel 1954 interpreta un giovane ribelle ne "Il Selvaggio" di Laszlo Benedek e diventa il simbolo di una generazione sbandata e disillusa. Per prepararsi all'interpretazione frequenta bande giovanili come quelle descritte nel film arrivando a finire in prigione per una notte.
Gli anni '60 rappresentano un decennio di declino per l'attore, capace solo di inanellare una serie di opere mediocri (con l'eccezione della sua unica regia del 1961, "I due volti della vendetta"), e di creare una serie infinita di problemi sui set che frequenta e alle produzioni che lo ingaggiano (nel 1969 esaspera il solitamente pacato Gillo Pontecorvo durante le riprese del film "Queimada", tanto che il regista ripudierà la pellicola).
Negli anni '70 Marlon Brando resuscita letteralmente: è il 1972 quando azzecca un ruolo che rimarrà nella storia dell'interpretazione, quello di Don Vito Corleone nel film "Il Padrino" di Francis Ford Coppola. Durante il provino Brando improvvisa l'ormai celeberrimo trucco per "diventare" Don Vito: capelli tenuti indietro con la brillantina, sfumature di lucido da scarpe su guance e fronte, guance imbottite di Kleenex. Per la parte riceve ancora una volta l'Oscar ma, con una mossa a sorpresa, si rifiuta di ritirarlo e, per protestare contro il modo in cui il governo USA tratta gli indiani, manda al suo posto una giovane Sioux.
Nello stesso anno recita nel film scandalo "Ultimo tango a Parigi" di Bernardo Bertolucci, pellicola che, fra le sue disavventure, si vede anche bruciata sulla pubblica piazza. Anche in questa occasione il "marchio" Brando si fa sentire e lo stile, gli atteggiamenti strafottenti che dona al suo personaggio, diventeranno emblematici ed inimitabili.
Nel 1979 è la volta di un altro grande, magnetico ruolo, quello del colonnello Kurz in "Apocalypse Now" di Francis Ford Coppola. La sua apparizione nelle fasi finali del film è agghiacciante, sorprendente, l'attore appare del tutto irriconoscibile. I critici gridano al miracolo, qualcuno lo osanna come il miglior attore di sempre. Finito di girare il capolavoro di Coppola l'attore si ritira dalle scene per circa un decennio: in seguito apparirà solo in ruoli cameo. Tra i suoi ultimi film di rilievo ricordiamo "Don Juan De Marco maestro d'amore" (1994, con Johnny Depp), e "The Score" (2001, con Robert De Niro e Edward Norton).
Per capire la grandezza di Brando è significativa una battuta di Al Pacino, poi divenuta celebre, che ha recitato con lui ne "Il padrino": "È come recitare con Dio".
L'indimenticabile attore si è spento a Los Angeles all'età di 80 anni il 2 luglio 2004.
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