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 Ingólfur Arnarson, Poema drammatico, selezione

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Ingólfur Arnarson, Poema drammatico, selezione Empty
MessaggioTitolo: Ingólfur Arnarson, Poema drammatico, selezione   Ingólfur Arnarson, Poema drammatico, selezione Icon_minitimeMar Nov 24, 2009 12:51 pm

Ingólfur Arnarson, Poema drammatico, selezione 10934_1266085859406_1447567512_30745598_7510885_n

Personaggi e trama dell'Atto Primo, del mio annoso e corposo poema drammatico (non in rima e solo il primo atto consta di più di 705 versi), che spero di completare (mi manca di scrivere l'ultimo atto) e far pubblicare prossimamente e che sogno sarebbe farlo rappresentare!
L'ambientazione è storica e la trama è romanzata, l'unico personaggio storico ed avvolto nella leggenda è Ingólfur Arnarson, gli altri li ho tutti inventati.
Ho anche creato una distinzione, che non ha nulla di storico, tra i vichinghi, che chiamo "barbari" e i normanni civilizzati.
Non pretendo di aver scritto nulla di storico.


Ingólfur Arnarson

Poema drammatico in un proemio e cinque atti

Personaggi del proemio e dell'atto primo

Ingólfur Arnarson, nobile colonizzatore normanno
Sigurd Hejdhenson, nostromo e guerriero normanno
Ari Schyepson, sorvegliante della stiva, cieco di un occhio, il destro
Einar Snapson, guardia normanna, amico fraterno di Sigurd
Ármann Napson, sorvegliante in coperta
Olaf Marthynson, capitano delle guardie agli ordini di Ingolfur
Hákon Hallkunson, servo di Ingolfur
Un uomo di vedetta
Una voce, fuori scena (è presente anche nei rimanenti quattro atti, è
l’io narrante del poeta)
Guardie normanne, Uomini della ciurma.

Epoca: Colonizzazione norvegese dell’Islanda, denominata anticamente “Thule”, ca. 870-874 d. C.
Il primo atto sul drakár di Ingólfur in rotta verso Thule.
I rimanenti quattro atti si ambientano nella terra di Thule.
Alla fine del primo atto il luogo di approdo viene denominato “Reykjavík”, «Baia del fumo», per i misteriosi vapori che salgono dal terreno.


Trama dell'Atto Primo


In mare, Ingólfur Arnarson, nobile capitano normanno, fa rotta verso l’Islanda. Sigurd Hejdhenson, il nostromo, ha sete di ricchezza e convince i suoi amici, Einar Snapson, Ari Schyepson e Ármann Napson ad un ammutinamento ma, Ari dapprima non vuol commettere una tal pazzia perché, se fossero stati scoperti, sarebbero stati tutti impiccati. Sigurd lo convince e gli spiega quali vantaggi potrebbe dare un’impresa del genere: ricchezza e fama sarebbe il loro premio, così Ari è convinto e, uniti si accordano su come organizzare l’ammutinamento.
Hákon Hallkunson, servo di Ingólfur, ha ascoltato tutto e va subito a riferirglielo, questi furente giura che saprà sventare l’ammutinamento. Ordina ad Olaf Marthynson, comandante delle guardie normanne, di andare a prendere i ribelli e portarli al suo cospetto. Olaf obbedisce, ma Sigurd e i suoi compagni organizzano una strenue resistenza con le spade.
Einar, Ari ed Ármann rimangono uccisi, solo Sigurd riesce a salvarsi che, catturato e incatenato, è portato al cospetto di Ingólfur. Questi gli promette che, arrivati alla terra di Thule (l’antico nome dell’Islanda), sarebbe stato subito impiccato.
A questo punto il dolore di Sigurd è atroce, portato nella stiva, e lasciato lì in catene, medita sulla sua inutile esistenza, maledice se stesso, per aver commesso tal pazzia, tenta di sfoderare la spada per uccidersi, ma invano. Ricorda la pietà e la bontà del padre che, una volta, durante un’insurrezione ad Hafrsfjord in Norvegia, per salvare il figlio si sacrificò lui stesso, lui sì che era di cuore nobile, mentre Sigurd non lo era affatto.
All’alba, l’uomo di vedetta annuncia, terra in vista; Ingólfur, appena sceso dalla nave, pianta il vessillo normanno nella nuova terra, chiamando il luogo di approdo «Baia del fumo», Reykjavík, per i misteriosi fumi che fuoriuscivano dal terreno.

(I vers. 28/5/1990, rif. 5/9/1999, modifica dei nomi il 10/6/2008)


© Emanuele Marcuccio

Da: http://www.joetiziano.it/Trama%20dell'atto%20primo.htm

(Protetto dai diritti d'autore. Pubblicato ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633 e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore).

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Ingólfur Arnarson, Poema drammatico, selezione Creativecommons25
(Emanuele Marcuccio)CC BY-NC-ND 2.5


Ultima modifica di emanuele74 il Mar Nov 09, 2010 10:16 am - modificato 4 volte. (Motivazione : Aggiornamento)
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Ingólfur Arnarson, Poema drammatico, selezione Empty
MessaggioTitolo: Ingólfur Arnarson, proemio e atto I, scena III   Ingólfur Arnarson, Poema drammatico, selezione Icon_minitimeSab Apr 03, 2010 5:59 am

Ed ecco a voi il proemio e l'ampia terza scena del primo atto.
Da notare la scelta di racchiudere in un'unica scena due azioni apparentemente distanti: la tempesta marina e la battaglia; in realtà, due espressioni dinamiche e tangibili di uno stesso concetto: il tremendo spettacolo della natura; il tremendo spettacolo della natura marina (la tempesta) e, il tremendo spettacolo della natura umana (la battaglia).


Proemio

(vv. 1-19)



In mare



Ingólfur Arnarson, Poema drammatico, selezione Iceland


Una voce.

Una voce (fuori scena)

Veleggia sul vasto mare
il gran drakár,
frange i flutti,
a prua si apre una via;
tranquillo avanza verso Thule,
calmo il mare,
sereno il cielo,
tiepidi zefiri sereni
rendono felice il viaggio.
Thule ancora non si scorge
all’orizzonte: vasta distesa d’acqua.
Per il ponte passeggia un uomo,
scarna la pelle e ruvida la fronte,
attempata e giovanile età mostra;
un turbamento strano lo assale:
ricorda amaramente l’eccidio
di poveri innocenti fanciulli,
perpetrato dai barbari vichinghi,
sanguinari violenti.


Atto Primo


Scena Terza


(vv. 282-512)


Il tremendo spettacolo della natura



Prima parte

La tempesta



Ingólfur Arnarson, Poema drammatico, selezione Provano

Ampia vista del mare burrascoso e agitato; Hákon ha sentito tutto e va subito a riferirlo ad Ingólfur, anche Ármann nota Hákon e lo segue.
È mezzogiorno.
Una voce, Hákon, Ingólfur.
Una voce (fuori scena)

Agitato e in burrasca
freme il mare fluttuante,
l’onda s’inabissa
e la salsa acqua più spumante
all’uomo appare:
furente d’ira rumoreggia.
In gran tempesta scuote e inarca
Il gran drakar:
l’animo dei marinai
è atterrito dalla paura,
il ponte imbarca acqua;
con secchi e braccia
il lancinante lavoro si protrae
fino allo scampato pericolo:
terrore negl’occhi si dipinge,
per poi lasciare spazio
all’affaccendarsi alla salvezza:
un andirivieni d’abiti anonimi
che formano tutta una ciurma.
Da lontano s’intravede una luce,
augurio di felice approdo;
Ingólfur sul ponte osserva
il mare schiumante,
come il suo animo è in tempesta,
evita gli sguardi dei marinai tremanti:
il mare furioso scuote tutto
e l’onde veloci si schiantano e s’innalzano.
Hákon ha rallentato la sua marcia
verso la sala di comando:
è scosso dal tremendo e orribile spettacolo,
e non si unisce alla ciurma,
resiste, chiude gli occhi
e va avanti, diretto alla sua meta.
Tremendo, sembianza terribile,
sguardo fiero e feroce:
Sigurd in stanza cupa e oscura,
è trafitto dalla viltà,
è percosso dalla bramosia di potere:
orrendo destino e orrido spazio.
Fissa il segno della sua fortuna,
tremendo e guardingo come un drago
che avanza e di prede mai sfama
la sua insaziabil brama.
Ingólfur guarda dalla sala
il ponte, assiso come in trono,
torvo si mostra alle guardie e alla ciurma:
una disperazione così nera
e rabbia prova il suo cuore,
l’eccidio non può cancellare, è vano;
il mar coi suoi moti e le sue onde
a stento potrebbe sconfinare il suo dolore:
anche il figlio ha perso, il suo unico figlio;
lo vorrebbe qui il vichingo,
il barbaro tremendo che lo trapassò:
morte e morte senza pietà.
Poi, il pensiero corre al suo tesoro,
sottratto a quegli stessi:
«M’accechi ricchezza, col tuo potere occulto!
Come rugiada, aurora
così raggiante, così fuggevole,
sognante ardor brillante».
Così, fra sé diceva e non mostrava
a nessuno il volto turbato.


(I vers. 20/2/1991, rif. 8/9/1999, dig. 30/4/2009)


Frattanto, Ármann segue Hákon,
giunto al cospetto d’Ingólfur,
è abbagliato dallo sfarzo
e dalla ricchezza d’intarsi
della sala di comando.
Con sfondo chiaro e azzurro
si stendono i lunghi tappeti
di figure mitiche normanne,
di pregio e gran valore
e prezzo inestimabile.
Ingólfur, assiso,
sul suo scanno di comandante,
intarsiato di figure soavi,
mira circospetto la sala,
e inorgoglito non si trattiene,
e giganteggia innanzi,
a colui che si avvicina.
(Hákon entrando riverisce più e più volte Ingólfur,
ché s’insospettisce)

Hákon (inarcandosi ossequiosamente più e più volte)

Veridico esempio e comandante,
supremo di un gran drakar,
incredibilmente forte e coraggioso!
Ti ossequio riverente,
per darti un consiglio prudente.

Ingólfur (stizzito)

Smetti con la tua nenia, così m’annoi:
l’hai quasi tutta consumata la mia pazienza,
parla, dunque! E di’, che consiglio
vuoi suggerirmi, qual è la minaccia?

Hákon (serio, facendo con le mani gesti chiarificatori)

Al tuo tesoro aspirano
mani superbe e scellerate.
Punisci i trasgressori, gli ammutinati;
così devo chiamarli: ammutinati!
Un più chiaro esempio
non c’è: scellerati!

Ingólfur (furente)

E chi sono costoro, chi sono?
Vili scellerati, ladri maledetti!
Li punirò in modo così atroce,
ché mai si potrà eguagliare.
Farò tagliare le loro teste,
impiccarli tutti, giunti a Thule;
ampio il mare, su loro
nemesi ancor più cruenta piomberà:
li farò squartare e li lascerò
in balia degli squali.
Le loro teste sfigurate
in un mare di sangue,
fra avvoltoi e fiere feroci.

Hákon (fra sé)

Orrende parole ascolto
e orribili e tali!
Questo sarà il frutto acerbo
della mia fedeltà?
Se prima avessi saputo
d’una tale empia crudeltà,
non così mi mostrerei.
O disumana ferocia, o rabbia!
(Ad un gesto imperioso d’Ingólfur trasalisce e si
sta allontanando quando…)

Ingólfur (quasi fuori di sé gridando)

Fermo lì, presto!
Chiama Olaf, con le mie guardie
coraggioso, di serpe ha il cuore,
sanguinario feroce.
A lui affiderò il loro destino,
va’, non indugiare, presto!
(Hákon obbedisce, pieno d’orrore, Ármann si è
nascosto per tutto il tempo e corre ad avvertire
i compagni)
(Buio)



(I vers. 16/7/1991, rif. 8/9/1999, dig. 30/4/2009)


Seconda parte



La battaglia


Ármann, a mezza strada vede i compagni e li avvisa dell’imminente pericolo.
Ármann, Sigurd, Ari, Einar, Olaf, Una voce, guardie normanne.
Ármann (oltremodo agitato)

Presto! Un vile ha tradito…

Sigurd (furente)

Chi, chi mai?
Maledetto sia in eterno
colui che tanto osò:
muoia, furente lo truciderò,
e non avrò pietà!


(I vers. 18/8/1991, dig. 8/3/2010)


Sigurd, Ari, Einar, Ármann (sguainando e alzando le spade verso l’alto inneggiano ad una voce il seguente…)

All’armi, all’armi!
Impugniamo le armi,
inneggiamo alla vittoria.
Morremo, morremo,
con la spada in pugno,
vinceremo, vinceremo:
in alto le armi!
Arditi guerrieri noi siamo:
trionferemo!
Ricchezza, ci alletti
col tuo incerto luccichio:
ardiamo e vaghiamo!
O brama d’oro, sol tu ci vinci
nell’immane frastuono mondano!
Ardiamo nel ciclone
delle vorticose onde del destino,
del fatale dilemma arcano,
del magma incerto della vita.
O intelletto, strana parola sei per noi
e noi, ribelli ti abbiamo dimenticato!
Sospirata terra, tu che ci sostieni
con le tue possenti braccia,
rivolgi lo sguardo su di noi,
frali vittime dell’oro!
(Sopraggiungono le guardie normanne,
capitanate da Olaf)

Olaf (con la spada sguainata)

Per il nostro signore Ingólfur,
consegnate le vostre armi,
fermi e in alto le mani, arrendetevi
al vostro giudice!

Sigurd (Con la spada in pugno)

No, terremo in alto le armi,
addosso, amici miei guerrieri!
Con le armi in pugno...
(I quattro si lanciano all’attacco delle guardie
con le spade in alto)

Una voce (fuori scena)

Ribolle l’impeto guerriero
e addosso alle guardie si avventano:
cruenti, spietati, tutti sommersi
dall’ira, grida atroci
e disperate dei morenti.
Combattono Sigurd e i compagni:
l’uno assalta alla gola
una guardia, la strangola
con le sue mani possenti:
è Ármann, per niente cavaliere.
Il sangue scorre a fiotti;
stridono le spade, scintillano
al sole meridiano e secco
in vicinanza degl’ampi fiordi;
iceberg in lontananza,
candidi come neve fioccante.
Combatte Sigurd e da eroe,
cade Ármann, colpito alle spalle:
come montagna cade,
privo di vita; Sigurd
vorrebbe mandare
l’estremo saluto all’amico ma,
ha solo l’istante di dire: «Amico mio…»
Ché si deve guardare le spalle
da un incauto fendente di questa guardia:
lui, pronto e con rabbia,
la colpisce a morte
girandosi di scatto.
Cade Ari, dopo ardua lotta
con due guardie:
una lo colpisce all’occhio,
la sua unica luce, il sinistro,
un ultimo grido di dolore
ché l’altra lo trafigge al petto.
Così, la battaglia
si avvia all’epilogo,
al suo cruento epilogo:
anche Einar combatte da eroe
e salva i giorni di Sigurd;
è ormai alla fine, la sabbia
si è tutta consumata:
si pone innanzi a far da scudo
e muore da eroe.
Attonito rimane Sigurd,
ammutolito per l’estremo sacrificio:
fu sempre compagno
nelle battaglie,
nell’aspra guerra
contro i bellicosi e spietati vichinghi;
sempre aveva diviso con lui tutto,
da sincero e vero amico.
Volge un ultimo saluto
al compagno morente,
che ha solo il tempo di dire:
«Va’ là… combatti e… vinci!»
Sigurd sta quasi per svenire,
Olaf, sanguinario e spietato,
ordina alle guardie:
«Strappategli la spada dalle mani, imbelli,
è inerme, arrestatelo, che aspettate?»

Olaf (trionfante)

Non hai più scampo, vile traditore!

Una voce (fuori scena)

Non appena proferite, quelle parole
fanno salire a Sigurd
ira rossa negl’occhi ma,
al pensiero dell’amico
morto per lui,
si accascia fra le guardie,
che prontamente lo reggono,
quasi ad averne cura.
Le catene gli legano ai polsi
e alle caviglie
e intorno al corpo.
(Così incatenato, viene trascinato e, ancora
incosciente, al cospetto di Ingólfur)


(I vers. 31/7/1992, rif. 9/9/1999, dig. 8/3/2010)



© Emanuele Marcuccio

Da: http://www.joetiziano.it/Proemio%20e%20atto%20I,%20sc.%20III.htm

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Ultima modifica di emanuele74 il Dom Nov 07, 2010 12:34 am - modificato 1 volta. (Motivazione : Aggiornamento)
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