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La legge che elimina i sacchetti di plastica funziona. E la rivoluzione dello shopper è solo iniziata

La legge inizia a funzionare, e questo è già un risultato. A poco più di un mese dall’entrata in vigore (1° gennaio) delle norme che vietano la produzione dei sacchetti di plastica non biodegradabili, tutte le catene della grande distribuzione annunciano di avere esaurito le scorte.

E gli shopper stanno scomparendo. Con tre benefici per i cittadini: si alleggerisce la catena dei rifiuti, si eliminano 260mila tonnellate di polietilene che ogni anno inquinavano terreni, fiumi e acque marine, il consumatore risparmia.

Alcuni marchi della grande distribuzione, come Auchan e la Coop, hanno messo in vendita (a 80 centesimi) buste di cotone, di carta e di yuta che possono essere utilizzate in più occasioni. Ma la soluzione più efficace per la spesa resta il ritorno alla vecchia “busta della nonna”: un contenitore leggero, da portare dietro quando si entra in un supermercato. E’ una scelta che non costa nulla e significa soltanto introdurre una nuova, semplice abitudine, negli stili di vita quotidiani.


La legge inizia a funzionare, e questo è già un risultato. A poco più di un mese dall’entrata in vigore (1° gennaio) delle norme che vietano la produzione dei sacchetti di plastica non biodegradabili, tutte le catene della grande distribuzione annunciano di avere esaurito le scorte.

E gli shopper stanno scomparendo. Con tre benefici per i cittadini: si alleggerisce la catena dei rifiuti, si eliminano 260mila tonnellate di polietilene che ogni anno inquinavano terreni, fiumi e acque marine, il consumatore risparmia.

Alcuni marchi della grande distribuzione, come Auchan e la Coop, hanno messo in vendita (a 80 centesimi) buste di cotone, di carta e di yuta che possono essere utilizzate in più occasioni. Ma la soluzione più efficace per la spesa resta il ritorno alla vecchia “busta della nonna”: un contenitore leggero, da portare dietro quando si entra in un supermercato. E’ una scelta che non costa nulla e significa soltanto introdurre una nuova, semplice abitudine, negli stili di vita quotidiani.










Intanto, tra gli effetti virtuosi e collaterali rispetto alla scomparsa dei sacchetti di plastica, bisogna segnalare anche l’impennata delle vendite di prodotti per la casa e di generali alimentari sfusi, senza inutili e ingombranti contenitori che, tra l’altro, fanno peso e dunque prezzo. La Sma, un’altra grande catena distributiva, per esempio ha comunicato che ormai quasi il 40 per cento del detersivo venduto nei suoi punti è acquistato sfuso. Il risparmio per il consumatore? Un prezzo inferiore della merce anche del 50 per cento.

Più complesso, invece, l’orizzonte per le aziende che producono gli shopper e che hanno tentato fino all’ultimo di ottenere un ennesimo rinvio della legge entrata in vigore all’inizio dell’anno. L’Unionplast, l’associazione degli industriali che realizzano questo tipo di sacchetti, ha lanciato l’allarme occupazione, accompagnato dai soliti ricorsi al Tar e alla Corte europea: secondo gli imprenditori, quasi i due terzi dei 4mila dipendenti del settore sono in cassa integrazione o stanno smaltendo ferie forzate.

E’ chiaro che gli industriali non sono ancora preparati al cambio di paradigma e alla scomparsa, nei cataloghi, degli shopper. Ma la loro strada è obbligata: attraverso, la ricerca e l’innovazione dovranno rivedere i loro modelli e aggiornali sulla base di quanto prescrive la legge e di come si stanno modificando gli orientamenti dei consumatori. E’ una virata che in altri settori, pensiamo all’industria automobilistica, è già avvenuta, con una corsa sfrenata a nuovi modelli più sostenibili e con minori consumi di carburanti che derivano dalle fonti fossili. Soltanto quando anche l’universo delle imprese avrà definito la sua correzione produttiva, la rivoluzione degli shopper potrà considerarsi pienamente compiuta.